TONINO GUERRA IL MIELE E’ MÉL Poema Maggioli Editore. Rimini, 1981
Lettura di Luigi Maria Corsanico
La voce vera di questo poeta è una voce in prima persona, e in dialetto. È il suo un dialetto che, nella versione italiana, si conserva indenne o quasi indenne; è un linguaggio di gran forza, ruvido e concreto; e vi si disegna una fisionomia assorta, lunatica, visionaria, un essere che guarda il mondo da un solo angolo e discorre soltanto con se stesso: e discorrendo soltanto con se stesso, dice parole destinate a tutti, e in cui è riflessa l’esistenza umana.
[Natalia Ginzburg, Il libro dell’anno: Il miele di Tonino Guerra, in “Paese Sera”, 1981, Archivio T. Guerra .]
Lawrence Monsanto Ferlinghetti (Yonkers, 24 marzo 1919 – San Francisco, 22 febbraio 2021)
A Coney Island Of The Mind Lawrence Ferlinghetti (1955-1958) traduzione di DAMIANO ABENI E MOIRA EGAN
Poesie da FOTOGRAFIE DEL MONDO ANDATO (1955)
Il mondo è un gran bel posto The world is a beautiful place
Il mondo è un gran bel posto per nascerci se non vi dà fastidio che la felicità non sia sempre poi tutto ’sto spasso se non vi dà fastidio un pizzico di inferno di tanto in tanto proprio quando tutto fila liscio perché perfino in paradiso non stanno sempre lì a cantare Il mondo è un gran bel posto per nascerci se non vi dà fastidio che la gente muoia di continuo o magari stia solo morendo di fame ogni tanto il che non è poi così grave se non si tratta di voi Oh il mondo è un gran bel posto per nascerci se non vi dà fastidio più di tanto qualche mente morta tra gli alti papaveri o un paio di bombe di tanto in tanto sulle vostre facce rivolte all’insù o altre consimili sconvenienze di cui la nostra società Marchio Aziendale è preda con i suoi uomini distinti e i suoi uomini estinti e i suoi preti e gli altri vigilantes e le sue svariate segregazioni e le investigazioni parlamentari e le altre stitichezze di cui la nostra carne cogliona è erede Sì il mondo è il miglior posto di tutti per un sacco di cose tipo prendere parte alla scena divertente e prendere parte alla scena d’amore e prendere parte alla scena lacrimosa e cantare canzoni sommesse e avere ispirazioni e passeggiare guardando tutto e sentendo il profumo dei fiori e toccando il culo alle statue e perfino per pensare e baciare le persone e per fare bambini e portare i calzoni e salutare sventolando il cappello e per ballare e andare a nuotare nei fiumi o a fare picnic in piena estate e in generale proprio per «spassarsela» Sì ma poi proprio sul più bello arriva sorridente il becchino
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Thelonious Monk Quartet – Misterioso Thelonious Monk (piano) Johnny Griffin (saxophone, tenor saxophone) Roy Haynes (drums) Ahmed Abdul-Malik (bass)
Lawrence Monsanto Ferlinghetti (Yonkers, 24 marzo 1919 – San Francisco, 22 febbraio 2021)
Lawrence Ferlinghetti – Cristo è smontato dal Suo Legno nudo Lettura di Luigi Maria Corsanico CHRIST CLIMBED DOWN A Coney Island of the Mind (City Lights Books, New Directions Publishing Corporation, 1958)
A Coney Island of the Mind / Lawrence Ferlinghetti traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan. Roma : Minimum fax, 2011
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Cristo è smontato dal Suo Legno nudo quest’anno ed è scappato in un posto dove non c’erano alberi di Natale senza radici con appesi dolcetti e fragili stelle Cristo è smontato dal Suo Legno nudo quest’anno ed è scappato in un posto dove non c’erano alberi di Natale dorati nè alberi di Natale di lustrini nè alberi di Natale di stagnola nè alberi di Natale di plastica rosa nè alberi di Natale d’oro nè alberi di Natale neri nè alberi di Natale blu cobalto con appese candele elettriche e circondati da trenini elettrici di stagno e da stucchevoli parenti sapientoni Cristo è smontato dal Suo Legno nudo quest’anno ed è scappato in un posto dove non c’erano zone di competenza di intrepidi venditori di Bibbie con cadillac bicolori e dove nessun presepe da grande magazzino completo di bambino in plastica nella mangiatoia arrivava come pacco postale al bambino per raccomandata e dove in tv non si trasmettevano i Re Magi che lodano il whisky Lord Calvert Cristo è smontato dal Suo Legno nudo quest’anno ed è scappato in un posto dove nessuno sconosciuto ciccione maniaco-del-dare-la-mano con un vestito rosso di flanella e la barba bianca finta se ne andava in giro spacciandosi per una specie di santo del Polo Nord che attraversa il deserto fino a Betlemme nella Pennsylvania su una slitta Volkswagen trainata da gioviali renne degli Adirondack dai nomi tedeschi e che porta sacchi di Umili Doni da Saks della Fifth Avenue per l’immaginato Cristo bambino di tutti quanti Cristo è smontato dal Suo Legno nudo quest’anno ed è scappato in un posto dove non c’erano cantori alla Bing Crosby che mugolavano di uno stanco Natale e dove nessun angelo di Radio City pattinava senza ali sul ghiaccio attraverso un paese invernale delle meraviglie fino a un paradiso alla jinglebell ogni giorno alle 8 e mezza con matinèe della Messa di Mezzanotte Cristo è smontato dal suo Legno Nudo quest’anno e piano piano s’è infilato di nuovo via in un anonimo ventre di Maria dove nella più tenebrosa notte dell’anonima anima di tutti quanti Egli di nuovo attende un’inimmaginabile e impossibilmente Immacolata Riconcezione in assoluto il più folle dei Secondi Avventi.
Sergej Aleksandrovič Esenin – Confessione di un teppista Исповедь хулигана, 1920 Poesia russa del Novecento Versioni, saggio introduttivo, profili biobibliografici e note a cura di Angelo Maria Ripellino Parma, Guanda, 1954, Collezione Fenice, 25
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Dmitri Shostakovich Quartet No. 8 in C minor, Op. 110 – Largo Emerson String Quartet
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Non a tutti è dato cantare, non a tutti è dato cadere come una mela ai piedi degli altri. È questa la confessione piú grande che possa mai farvi un teppista. Io vado a bella posta spettinato col capo sulle spalle come un lume a petrolio. Mi piace rischiarare nelle tenebre l’autunno senza foglie delle vostre anime. Mi piace quando i sassi dell’ingiuria mi volano addosso come la grandine d’una ruttante bufera. Stringo allora piú forte con le mani la bolla tremula dei miei capelli. È cosí dolce allora ricordare lo stagno erboso e il rauco suono dell’alno e mio padre e mia madre viventi in qualche luogo, che s’infischiano di tutti i miei versi e mi amano come il campo e la carne, come la pioggerella che a primavera rende soffice il verde. Verrebbero a infilzarvi con le forche per ogni vostro grido contro di me scagliato. Poveri genitori contadini! Siete di certo diventati brutti, temete sempre Dio e le viscere palustri. Potreste almeno capire che vostro figlio in Russia è il migliore poeta! Il cuore non vi si copriva di brina per la sua vita, quand’egli si bagnava i piedi nudi nelle pozze autunnali? Ora invece cammina in cilindro e con le scarpe lucide. Ma sopravvive in lui l’antica foga del monello di campagna. Ad ogni mucca delle insegne di macelleria di lontano egli manda un saluto. Ed incontrando i vetturini in piazza, ricordando l’odore di letame dei campi nativi, egli è pronto a reggere la coda d’ogni cavallo come lo strascico d’una veste nuziale. Io amo la patria. Amo molto la patria! Anche se una mestizia rugginosa avvolge i suoi salici. Mi sono gradevoli i grugni imbrattati dei maiali e la voce dei rospi sonante nella quiete notturna. Io sono teneramente malato di ricordi d’infanzia, sogno la bruma delle umide sere d’aprile. Come per riscaldarsi il nostro acero s’è accoccolato al rogo del tramonto. Oh, quante volte mi sono arrampicato sui rami a rubare le uova dai nidi dei corvi! È ora sempre lo stesso, con la cima verde? La sua corteccia è dura come prima? E tu, mio diletto, fedele cane pezzato?! La vecchiezza ti ha reso stridulo e cieco e vaghi per il cortile, trascinando la coda penzolante, senza piú ricordare dove sia la porta e dove la stalla. Come mi sono care quelle birichinate quando, sottratto a mia madre un cantuccio di pane, lo mordevamo insieme uno alla volta, senza avere ribrezzo l’uno dell’altro. Io non sono cambiato. Non è cambiato il mio cuore. Come fiordalisi nella segala fioriscono gli occhi nel viso. Stendendo stuoie dorate di versi, vorrei dirvi qualcosa di tenero. Buona notte! A voi tutti buona notte! Piú non tintinna nell’erba del crepuscolo la falce del tramonto. Stasera ho tanta voglia di pisciare dalla finestra mia contro la luna. Azzurra luce, luce cosí azzurra! In quest’azzurro anche il morir non duole. Che importa se ho l’aria d’un cinico dal cui sedere penzola un fanale! Vecchio e bravo Pegaso straccato, mi occorre forse il tuo morbido trotto? Sono venuto come un maestro austero a decantare e a celebrare i sorci. Simile a un agosto, la mia zucca si effonde in vino di capelli tumultuosi. Io voglio essere una gialla vela per quel paese verso cui navighiamo.
Arvo Pärt : Lamentate / Olga Scheps, piano Lithuanian National Symphony Orchestra
Foto di Noell S. Oszvald
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Parole memorabili indugiano con la penna ad ogni sillaba o al lento ticchettio della tastiera, nel bruciare delle pupille tra battiti del cuore e artrosi delle dita. Parole come schiuma dal mare del passato o pietre cadute dal declivio dei giorni, antichi pensieri sfuggiti all’arte dell’oblio per ricordare meglio tutto quel che si è perduto a trattenere quell’amaro in bocca. Sto parlando dei tuoi tradimenti della veste che frusciava nel fuggire del tuo sorriso che ingannava il desiderio. Ora mi accompagni in silenzio mentre scrivo come se l’amore travisando la memoria potesse ancora risvegliare prati nuovi e fiori.
TRILUSSA TUTTE LE POESIE ARNOLDO MONDADORI EDITORE I EDIZIONE: NOVEMBRE 1951
Interpretata da Luigi Maria Corsanico
Respighi – Gli Uccelli “La Gallina” Buchmann-Mehta School of Music Orchestra Conductor: Yi-An Xu
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Vent’anni fa m’ammascherai pur’io! E ancora tengo er grugno de cartone che servì p’annisconne quello mio. Sta da vent’anni sopra un credenzone quela Maschera buffa, ch’è restata sempre co’ la medesima espressione, sempre co’ la medesima risata. Una vorta je chiesi: — E come fai a conservà lo stesso bon umore puro ne li momenti der dolore, puro quanno me trovo fra li guai? Felice te, che nun te cambi mai! Felice te, che vivi senza core! — La Maschera rispose: — E tu che piagni che ce guadagni? Gnente! Ce guadagni che la gente dirà: Povero diavolo, te compatisco… me dispiace assai… Ma, in fonno, credi, nun j’importa un cavolo! Fa’ invece come me, ch’ho sempre riso: e se te pija la malinconia coprete er viso co’ la faccia mia così la gente nun se scoccerà… — D’allora in poi nascónno li dolori de dietro a un’allegria de cartapista e passo per un celebre egoista che se ne frega de l’umanità!
MARIO LUZI Infra-Parlata affabulatoria di un fedele all’infelicità “Poesie ultime e ritrovate” a cura di Stefano Verdino, 2014 Garzanti i grandi libri/ POESIA
Introduzione tratta da: Giuseppe Conte Il Giornale del 11/02/2009
Ricerche a cura di Marcello Comitini
Presentazione e lettura del testo: Luigi Maria Corsanico
Arvo Pärt Tabula rasa – 2. Silentium: Senza moto · Göteborgs Symfoniker · Erik Risberg
Charles Baudelaire I fiori del male 1857 – 1861 Traduzione di Marcello Comitini / Edizioni Caffè Tergeste EDIZIONE 1861 Poesie aggiunte alla seconda edizione
SPLEEN E IDEALE LXXX IL GUSTO DEL NULLA LE GOÛT DU NÉANT
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Arvo Pärt – Fratres, for violin, string orchestra and percussion Gil Shaham, violin – Roger Carlsson, percussion Gothenburg Symphony Orchestra, Neeme Järvi
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Spirito triste, un tempo innamorato della lotta, la Speranza, che t’incitava con il suo sperone, non vuol più cavalcarti! Sdràiati senza pudore, vecchio cavallo il cui piede inciampa ad ogni passo.
Rassègnati, o cuore, dormi il sonno del bruto.
Spirito vinto, sfinito, per te, vecchio ladro, l’amore non ha più gusto, non ha più gusto la lotta. Addio, dunque, squilli di tromba, sospiri di flauto! Non tentate più, piaceri, un cuore triste e buio!
La Primavera adorabile ha perduto il profumo!
E il Tempo mi inghiotte, attimo dopo attimo, come neve profonda un corpo irrigidito. Dall’alto contemplo la rotondità della terra e non vi cerco più il riparo di una capanna.
Derek Walcott (Castries, 23 gennaio 1930 – Cap Estate, 17 marzo 2017)
Derek Walcott Amore dopo amore Traduzione di Barbara Bianchi da “Derek Walcott, Mappa del Nuovo Mondo” -1992 Edizione Italiana di “Collected Poems 1948-1984”
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Opere di René Magritte
Thelonious Monk – This is my Life, this is my Song from the album “Straight, No Chaser”
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Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro,
e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d’amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.
Fernando Pessoa – Ode al crepuscolo ÁLVARO DE CAMPOS Dois excertos de odes (fins de duas odes, naturalmente ) II
Lettura di Luigi Maria Corsanico
Fernando Pessoa, UNA SOLA MOLTITUDINE (volume primo) a cura di Antonio Tabucchi con la collabirazione di Maria José de Lancastre, Biblioteca Adelphi 86, 1979
Immagini: Oswaldo Goeldi (1895 – 1961) Pittore e incisore brasiliano.
J.S. Bach. Adagio da Toccata, Adagio & Fuga BWV 564 Daniil Shafran, Violoncello Anton Ginzburg, Pianoforte
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II
Ah, il crepuscolo, il cader della notte, l’accendersi delle luci nelle metropoli e la mano del mistero che soffoca il movimento, e in noi la stanchezza del tutto, che ci corrompe per una sensazione esatta e precisa e attiva della Vita! Ogni strada è un canale di una Venezia di tedio, e quanto mistero nel fondo unanime delle strade, delle strade all’ imbrunire, o Cesario Verde, mio Maestro, Cesario del Sentimento dum Ocidental! * Che fonda inquietudine, che desiderio di altre cose, cose che non sono paesi, momenti, vite, che desiderio forse di altri stati d’animo inumidisce l’interno di un istante tardo e remoto! Un orrore sonnambulo fra le luci che si accendono, un terrore tenero e liquido appoggiato agli angoli come un mendicante di sensazioni impossibili che nessuno, lo sa, potrà dargli… Quando io morirò, quando me ne andrò, ignobilmente, come tutti, per quella strada la cui idea non si può affrontare, per quella porta che potendo non varcheremmo mai, per quel porto che il capitano della Nave non conosce, che sia in quest’ora degna dell’angustia che ha accompagnato la mia vita, in quest’ora mistica e spirituale e antichissima, in quest’ora in cui forse, molto prima di quanto si creda, Platone vide in sogno l’idea di Dio che scolpiva corpo ed esistenza nitidamente plausibili nel suo pensiero esteriorizzato come un campo. Sia in quest’ora il mio funerale, in quest’ora in cui io non so come vivere, in cui non so quali sensazioni avere o fingere di avere, in quest’ora la cui misericordia è torturata ed eccessiva, la cui ombra giunge da qualcosa che non è le cose, il cui passaggio non strascica vesti sul terreno della Vita Sensibile e non lascia profumi nelle strade dello sguardo. Intreccia le mani sulle ginocchia, compagna che non ho né voglio avere. Intreccia le mani sulle ginocchia e guardami in silenzio in quest’ora in cui io non posso scorgere il tuo sguardo, guardami in silenzio e in segreto e chiedi a te stessa — tu che mi conosci — chi sono io…
(30.6.1914)
*José Joaquim Cesário Verde (Lisbona, 25 febbraio 1855 -19 luglio 1886) è stato un poeta portoghese. La sua opera più conosciuta: O Sentimento dum Ocidental, 1880.